mercoledì 9 giugno 2010

Colpo di fulmine

Oggi per fortuna la sorellina ha avuto l’idea di fare un giro a Palazzo Grassi che tutti i mercoledì è gratis per i veneziani e per fortuna non mi sono lasciata prendere dalla stanchezza di una giornata lavorativa non dura ma lunghetta forte visto che al termine del solito tran tran mi sono sciroppata una capatina alla giudecca sotto un sole cocente

Comunque come dicevo ha prevalso la curiosità e mi sono unita a Elena per la nostra visita culturale/goliardica visto che quando andiamo per musei un po’ siamo serie e un po’ ci divertiamo, specie alla vista di certe opere contemporanee che in molti casi hanno proprio come fine quello di far sghignazzare i visitatori
Una di queste è senza dubbio una “scultura”, ma il termine ormai è inappropriato, formata da due enormi peluches che fanno le loro cosine con espressioni gaudenti: l’artista Paul McCarthy (quasi omonimo del nostro sir) dice che così vuole puntare il dito contro la cultura americana dell’intrattenimento e ricontestualizzando in questo modo due pupazzi di evidente ispirazione disneyana mette alla gogna una delle icone dello star-system hollywoodiano


Altro discorso per l’installazione che si presenta al piano terra del palazzo e che ricorda la discoteca di Travolta nella “Febbre del sabato sera”, solo che qui alla parete si trovano le immagini di una serie infinita di attori nei ruoli di ufficiali nazisti e il contrasto tra la musica dance, il pavimento illuminato e colorato e le facce dei vari Harrison Ford, Marlon Brando, ma anche di Gabriel Garko, è spiazzante…fuorchè per i bambini che se ne impippano delle foto e si mettono subito a scorrazzare per la pedana rincorrendosi e rotolando!


Oltre a queste altre opere mi hanno divertito, interessato, incuriosito, intrigato, tanto che io che sono una museista “free” che mal sopporta le audioguide (al contrario di Elena) e i cartoncini esplicativi mi sono ritrovata più volte a leggere i suddetti cartoncini alla ricerca di ulteriori notizie riguardo a qualche quadro interessante

Ma il colpo di fulmine è arrivato nella stanza all’ultimo piano del palazzo (che già di per sé merita una visita) in cui ho trovato l’opera del giapponese Takashi Murakami
La sala è grande ma non enorme e l’opera di dimensioni notevoli si estende lungo tre pareti, si tratta infatti essenzialmente di un trittico che un critico d’arte ha paragonato alle tele rinascimentali dei nostri geniali artisti ma io anche se sono meno poetica non esito a definirla un vero capolavoro
Che rappresenta? E qui sta il bello perché non c’è nessun ammiccamento alla nostra cultura occidentale, nonostante si tratti di un “quadro” progettato su commissione per questa esposizione di Palazzo Grassi il pazzo giapponese ha ricercato riferimenti alti nella cultura millenaria del suo paese, intrecciandoli con le suggestioni dei manga e la pop art contemporanea

Non per niente uno dei suoi riferimenti è Andy Wahrol, del quale oltre alla concezione di arte popolare ha mutuato anche l’idea della “factory”, cioè della “fabbrica” in cui i pezzi vengono prodotti per essere distribuiti sul mercato
Il nostro Murakami ha ben pensato di trarre profitto dalle sue notevoli capacità e invece di emulare molti artisti che inveiscono contro la società e le sue regole economiche, salvo poi piegarsi docilmente alle stesse perché bisogna pur campare, si è ben organizzato e oltre ad aver stretto alleanze proficue con multinazionali del lusso (Louis Vuitton) vende lui stesso i gadget che scaturiscono dalla sua "fabbrica": trovo questa mentalità molto più in linea con lo stile artistico e non sono per niente d’accordo con i critici che probabilmente in forza del loro appellativo appunto criticano fortemente questa scelta


Non vedo perché un artista non possa anche essere un ottimo imprenditore di sé stesso, e fra parentesi più o meno tutti gli artisti lo sono stati, da Michelangelo che sbaruffava a dì alterni con papi e signorotti del tempo per ottenere sia la libertà espressiva sia la giusta mercede, al mio amato Tiziano del quale ci sono rimaste lettere di fuoco in cui si lamenta del mancato pagamento di alcuni lavori, al già citato Wahrol che al contrario del talentuosissimo Murakami non sapeva tenere in mano una matita ma la sapeva lunga in fatto di public relations e ha di fatto aperto una nuova fase dell’arte nel suo rapporto con la società

Non sto qui a dilungarmi nella descrizione dell’opera, vi consiglio se siete veneziani di andare a vedere la mostra che comunque merita e se non sarete fulminati come me non importa: se ci andate di mercoledì vi sarete fatti un bellissimo giro in uno dei palazzi che si affacciano sul canal grande a costo zero…quanti al mondo possono farlo?


La gita veneziana oltre ad un mini giro di shopping si è conclusa in piazza S.Marco dove ci siamo fatte la foto come i turisti: anche noi autoctoni vogliamo il ricordino di Venezia…chi semo, i fioi dea serva? :-)

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