mercoledì 17 giugno 2009

P.S.

Vabbè, lo so che non dovrei promettere post che poi rimando continuamente, ma sono di parola ed eccoci al pronto soccorso:
Giorno: martedì 9 giugno
Luogo: Venezia, Ospedale
Protagonista: Lucia (l’infortunata)
Coprotagonisti: medici vari, infermieri vari, pazienti vari

Sì, è stato un po’ come un film, quasi sospeso nel tempo e nello spazio vista la sensazione di straniamento data dagli ambienti vagamente asettici e moderni del pronto soccorso
La mattina vado a lavorare ma il piede protesta vivamente gonfiandosi già prima di arrivare al lavoro, resto per dare una mano ai colleghi che sono in pochi ma appena arrivano i rinforzi parto per l’ospedale, convinta che sarà una lunga lunga lunga giornata
Arrivo verso mezzogiorno e per fortuna niente code all’inizio, parlo con l’infermiere dell’accettazione e mi preparo ad aspettare con calma…la sala d’attesa manco a dirlo è piena, per fortuna nessuna emergenza ma sicuramente più di qualcuno che sta peggio di me, tra cui una ragazzina che si è rotta il piede

Comincio a leggere il provvidenziale libro e ogni tanto mi guardo intorno, cogliendo piccoli siparietti anche divertenti che animano le stanze bordate di sedie
C’è pure la tv, una novità, ma è messa in modo da essere vista solo da una piccola parte degli astanti ed è pure fissa su canale 5 così ci sciroppiamo forum e beautiful (io solo l’audio)
Intanto mi sto stufando di leggere il mio libro che è bello ma non propriamente avvincente: “Un matrimonio per bene” di Doris Lessing è ambientato in una colonia in sudafrica durante la seconda guerra mondiale, ma è più un trattato di psicologia che un romanzo di avventure, comunque stupisce la sua incredibile modernità quando si pensa che è stato pubblicato nel ’57



Insomma so già che questo libro mi resterà per sempre in mente collegato a questa esperienza, Martha e Doug mi sono simpatici, e ne seguo volentieri l’evoluzione nelle spire di una società legata a schemi in dissoluzione ma il tempo comincia ad allungarsi e la sensazione è quella di stare in un acquario dai suoni ovattati, così gli sbadigli cominciano a ravvicinarsi

Mollo il matrimonio e mi muovo un po’, anche per sgranchirmi e non ritrovarmi con una tromboflebite e passare così dal mio innocuo codice bianco ad un più preoccupante rosso con ricovero immediato e rischi a gogo!
Nel mio percorso mi imbatto in una serie di compagni di sventura con i quali scambio qualche parola che naturalmente verte soprattutto sulla lunghezza dei tempi di attesa, ma per fortuna non c’è nessuno che sclera, siamo tutti consapevoli che non ci possiamo lamentare poi tanto, e che ci è ancora andata bene rispetto ad altri ospedali

Alla fine dopo aver intavolato l’ennesima conversazione con una signora che sta concludendo il suo iter che ha praticamente quello che ho io e che mi dice che è arrivata ormai alla quinta ora di attesa (io sono ancora a 4) sento chiamare il mio nome, o almeno mi pare…falso allarme

Ok, ricomincio il giro e non vado in bagno perché ho paura che mi succeda come ad un paio di persone che appena lasciata la sala vengono chiamati: evidentemente gli operatori hanno un congegno che gli permette di sapere chi è andato in bagno o a prendere una bibita e appena si allontanano mandano un segnale all’ambulatorio in modo da chiamare proprio gli assenti!
Ma non mi fregano, ormai so che non manca molto e mi piazzo per sicurezza vicino alla porta, infatti a breve esce il medico e sento il nome fatidico, quasi lo abbraccio e comincio così la trafila: visita numero 1, poi via in radiologia (attesa più breve, anche se oggi c’è una infornata di pazienti ortopedici non indifferente), visita numero 2 (ortopedica) e chiusura della pratica al pronto soccorso con la “visita” numero 3

La mia militanza nelle fila dell’esercito infermieristico mi consente di evitare un errore che può essere fatale: alla prima visita affermo categoricamente che in radiologia ci posso andare a piedi e non serve la sedia a rotelle, così mi risparmio minimo una decina di minuti di attesa (moltiplicati per tutte le stazioni della corsa a tappe)
Grazie al mio piccolo escamotage brucio sul tempo le mie due colleghe di slogatura arrivate insieme a me al ps ma che più ingenuamente si sono fatte scorazzare dai portantini in giro per l’ospedale, non sapendo le tapine a cosa andavano incontro…eccomi così arrivare in radiologia quando delle due non c’è neanche l’ombra, uscire dalla successiva visita ortopedica mentre sta arrivando in quel momento la prima delle due, e andarmene dall’ospedale con la medaglia d’oro mentre la seconda e la terza sono ancora in attesa!

La particolarità di questa esperienza oltre al tempo sfilacciato dell’attesa è stata il trovare una serie di operatori singolari, dall’ortopedico che mi fa tranquillamente delle avances dicendomi che sono una bella donna (grazie) e che alla mia affermazione di essere single convinta mi dice che anche lui lo è, al medico che chiude l’iter che si rivela un po’ strambo, tanto che continua a sbagliare con il computer e ridacchia in continuazione, per fortuna che c’è l’infermiere che tampona le sue incapacità e mi consente fra l’altro di avviare la pratica di infortunio

Vabbè, mi sono un po’ dilungata ma d’altronde si parla di tempi lunghi, lunghissimi: alla fine di tutto il mio telefonino mi dice che sono passate 5 ore e mezza…e mi ritengo ancora fortunata!

Nessun commento:

Posta un commento